A due mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina, il bilancio per l’Europa è critico. Alla crisi umanitaria si aggiunge l’instabilità politica. Ma è anche il capitolo energetico a far crescere il grado di allerta. Non è più in discussione il fatto che i governi debbano investire sulle fonti rinnovabili, per affrancarsi dalla dipendenza dalla Russia e rendere più autonomo il vecchio Continente. Molti più dubbi, e legittime paure, sorgono invece quando si parla di nucleare. L’Italia su questo ha fatto scelte nette in passato, dicendo no alle centrali; i nostri vicini, Francia in primis, hanno invece investito su questa tecnologia e difatti oggi scontano meno preoccupazioni rispetto a noi. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non ha dubbi: «La mia posizione di tecnico è che non farei le centrali di prima e seconda generazione, che sono complesse e hanno problemi con le scorie radioattive […] Sono assolutamente certo che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto».
City Vision è alla vigilia di un altro importante appuntamento. Venerdì 20 maggio, a Venezia, è in programma City Vision Talk, evento phygital dedicato proprio al tema dell’energia (le iscrizioni sono aperte a questo link). Per capire di più sul nucleare, senza scendere in sterili divisioni ideologiche, ci siamo rivolti a Simone Molteni, Direttore Scientifico di LifeGate.
Dal suo punto di vista, il nucleare può essere definita una fonte di energia rinnovabile?
«Parlare di nucleare è sempre delicato: non si può semplificare. Per me non è una fonte rinnovabile perché ha tutta una serie di problemi, tra i quali le scorie. Ciò detto, la mia posizione non è un no secco al nucleare. Il nucleare delle centrali già costruite va tenuto operativo: non credo sia saggio spegnerle, perché questo significherebbe andare ad accendere centrali molto più inquinanti. Aggiungo poi un altro elemento: la ricerca sul nucleare deve continuare. La tecnologia a fusione nucleare è in fase di ricerca: non ci sono ancora prototipi, ma è intrinsecamente più interessante di quella a fissione. Stiamo affrontando una crisi climatica e abbiamo tra 10 e 20 anni per vincerla. Per costruire una centrale occorrono troppi anni».
Dunque l’Italia non può permettersi il nucleare in questa circostanza storica?
«In Francia occorrono 20 anni per costruire una centrale. E là sono esperti di questa tecnologia. Figuriamoci in Italia, dove c’è diffidenza e la burocrazia non è pronta. In altre parole: non c’è tempo. È cambiato il mondo, siamo in una condizione geopolitica diversa e i costi di messa in sicurezza di una centrale oggi sono molto più alti. È una tecnologia fuori mercato».
Guardiamo allora alle fonti green. Su cosa dobbiamo puntare?
«Efficienza e rinnovabili. Siamo la patria dell’efficienza e siamo leader nell’economia circolare. Nelle rinnovabili abbiamo vento, sole e mare. Dovremmo essere noi a sviluppare queste tecnologie. Come tutti i problemi complessi, la politica energetica deve basarsi su un mix che garantisca resilienza. Penso al solare, all’eolico off-shore e all’agrivoltaico, ovvero impianti fotovoltaici su terreni senza occupazione di suolo, permettendo così allevamento e agricoltura».
Cosa pensa della situazione attuale? Di cosa è figlia questa dipendenza dall’estero?
«Ignoranza, sciatteria e corruzione. Siamo dipendenti da paesi che non hanno un allineamento di valori con i nostri. Un paese come l’Italia, con tutto il potenziale possibile per essere autonoma nella produzione, potrebbe perfino vendere energia rinnovabile all’estero. Ci ritroviamo invece a essere dipendenti da fonti fossili dall’estero».