Ottenere e utilizzare l’energia rappresentano tra le sfide più importanti del decennio. Se non del secolo. Gli obiettivi sulla transizione ecologica e sulla riduzione della carbon footprint sono condivisi a più livelli. Ma il percorso non è in discesa e ai singoli cittadini è richiesto anche un cambio di mentalità per passare delle parole ai fatti. In Italia esiste un movimento che sta partendo dal basso e che trova nelle comunità energetiche rinnovabili un interessante modello con cui confrontarsi. In un periodo in cui si discute molto di dipendenza energetica dall’estero – si veda il dibattito sul gas russo – e delle scelte miopi compiute in Italia, famiglie e imprese possono se non altro avviare una transizione propria, mettendo insieme le forze per l’ambiente, il portafoglio e la propria comunità. A dare un framework legale a questo movimento ci ha pensato il decreto Milleproroghe 169/2019. Nel documento è l’articolo 42.bis a stabilire che “è consentito attivare l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ovvero realizzare comunita’ energetiche rinnovabili”.

Come si legge sul sito di Enel X – dove vengono spiegati anche i passaggi per attivare una comunità energetica rinnovabile – queste associazioni si distinguono perché non puntano al profitto e nascono dalla volontà condivisa di un gruppo di persone (fisiche o giuridiche) che vogliono impiantare strumenti per la produzione di energia sostenibile. In base alla norma sopracitata, “i soggetti partecipanti producono energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW” e “condividono l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente”.

L’Italia sta imparando da poco a conoscere le comunità energetiche rinnovabili. Come spesso accade sui temi legati alla sostenibilità, altri paesi europei hanno fatto da apripista, dimostrando la bontà e l’efficienza di certe scelte, un tempo giudicate forse naif e oggi ritenute lungimiranti. Secondo l’osservatorio Energy & Strategy del Politecnico di Milano, la pandemia (come su tanti altri versanti) sembra aver dato un accelerata verso il modello in questione, al punto che le stime parlano di 40mila comunità energetiche in Italia entro il 2025, composte da oltre 1 milione di persone e 10mila PMI.

La decentralizzazione di cui tanto si parla nel mondo digitale è dunque già possibile nel campo energetico grazie all’azione delle comunità energetiche. Come ha spiegato il Sole 24 Ore è nata anche una nuova figura, il prosumer: produttore e consumatore si identificano nella stessa persona. In Sardegna sono state costituite due comunità energetiche rinnovabili (a Villanovaforru e Ussaramanna) con un centinaio di membri fondatori. Forse è anche da qui che può partire un nuovo senso di comunità che, come ci ha spiegato di recente Paolo Verri (già direttore generale della Fondazione Matera Basilicata 2019), possono contrastare la scomparsa di corpi intermedi nelle nostre città. Gruppi che producono insieme energia rinnovabile sono un terreno fertile per città davvero intelligenti.

Un progetto di

Project Partner

PARTNER OSSERVATORIO CITY VISION

Community Partner

Media Partner

Con il patrocinio di

Privacy Policy