Le città di domani saranno fondate su un sistema urbano in grado di rigenerarsi da solo, a basso impatto ambientale e molto più vivibili per ogni cittadino. L’economia circolare, che mette al centro una visione ispirata all’ottimizzazione di risorse e materie prime nell’intero ciclo di vita, è il principio cardine di questo processo virtuoso.

A partire dai materiali di costruzione, passando per la produzione di energia e ai servizi di mobilità, nelle smart cities tutto dovrà ruotare attorno al principio di circolarità. Gli edifici e le infrastrutture sono pensati per avere una maggiore durata, favorendo la manutenzione e il riciclo dei materiali. I trasporti, invece, sono condivisi per costare di meno ed avere un impatto ambientale ridotto.

L’economia circolare può contribuire fino al 45% all’impegno per la decarbonizzazione globale entro il 2050 (Ellen MacArthur Foundation, 2019), ma può avere ricadute positive anche dal punto di vista sociale, in quanto dovrebbe creare posti di lavoro meno sostituibili dall’automazione, che richiedono nuove capacità e competenze. Il rapporto “Circular Europe”, realizzato da Enel con The European House – Ambrosetti, parla di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro creati in Europa nel 2018.

Le città più circolari d’Italia

In Italia, secondo una classifica stilata dai ricercatori del Cesisp, il Centro studi in Economia e regolazione dei servizi, dell’industria e del settore pubblico dell’Università di Milano-Bicocca, è Milano la città più virtuosa nel 2020 sul piano dell’economia circolare. Al secondo posto Trento, mentre Bologna occupa il terzo gradino del podio. Per stilare la classifica, i ricercatori hanno individuato cinque cluster rappresentativi: input sostenibili, condivisione sociale, uso di beni come servizi, end of life e estensione della vita dei prodotti. Nello stesso studio il confronto con le città europee vede Milano al quarto posto, dietro rispettivamente a Copenhagen, Parigi e Berlino.

Iniziative locali all’insegna della circolarità

Le città sono microcosmi dove possono essere applicati i principi di circolarità anche partendo da piccole, ma spesso significative, sperimentazioni e iniziative locali. Che, nel resto d’Europa, non mancano. La “Library of things“  e la “Waste House”, entrambe nel Regno Unito, sono esempi che dimostrano come da un lato il riuso di oggetti, ovvero il prestito, possa diventare un modello di business e dall’altro come si possa passare da un’edilizia energivora a una basata esclusivamente sul riciclo di materiali e come l’educazione in tal senso giochi un ruolo fondamentale. Nel primo caso la “Biblioteca delle Cose” di Londra, gestita da un’associazione no-profit, propone il prestito di una serie di oggetti e utensili a un prezzo modico. Un’iniziativa avviata con una serie di aperture-test provvisorie, ma che ora, grazie anche a donazioni e crowdfunding, ha trovato casa stabilmente in un vecchio container riqualificato e punta a diventare luogo di riferimento per gli abitanti del quartiere. Nel secondo caso si tratta di un edificio costruito nel campus dell’Università di Brighton utilizzando quasi esclusivamente rifiuti come scarti di altoforno, travi dismesse da cantieri, ma anche vecchi Vhs, custodie di Dvd, spazzolini da denti e 2 tonnellate di jeans. La Waste House è diventata un laboratorio molto frequentato da studenti, professionisti e da chiunque sia interessato a conoscere da vicino le infinite opportunità offerte dal riciclo per il mondo delle costruzioni e del design.

Andrea Fasulo

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